La Mindfulness è uno stato mentale, “Una modalità dell’ essere, non orientata a scopi, il cui focus è il permettere al presente di essere com’è e di permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente” (Teasdale), che può essere coltivato e stabilizzato attraverso particolari tecniche.
E’ uno stato mentale non concettuale, non-discorsivo, non-linguistico, e che soprattutto “apre” a degli insight che portano alla comprensione profonda del funzionamento della mente stessa.
Il termine Mindfulness deriva dalla parola Sati (lingua Pali), tradotta in italiano con: presenza mentale, consapevolezza, in realtà Sati è sempre citato insieme al termine Sampagianna, che sempre in lingua Pali significa: capacità di vedere l’origine delle cose, saggezza.
Quindi Sati +Sampagianna= Consapevolezza.
La Mindfulness è una pratica per incontrare ciò che c’è, ciò che si sente, ciò che emerge, senza il presupposto di dover cambiare qualcosa, bensì dall’essere ok, dal sentirsi ok con ciò che c’è. Il padre della Mindfulness è Jon Kabat-Zinn, professore di medicina, (nasce come biologo molecolare), che intorno alla metà degli 1960, attratto dalle discipline orientali, inizia a praticare yoga e meditazione come percorso personale. Dopo gli studi, mentre sviluppa il suo cammino professionale interessandosi anche all’anatomia, durante gli ultimi giorni di un ritiro silenzioso di meditazione, a Kabat-Zinn viene in mente che avrebbe potuto aiutare le persone a ridurre il dolore e lo stress creando un percorso strutturato, che unisse la millenaria esperienza delle tecniche meditative con aspetti scientifici e psicoeducazionali, proprio in ambito medico (una idea rivoluzionaria per quei tempi).
Nel 1979, con il sostegno del primario di Medicina Interna del Medical Center dell’Università di Worcester (Boston – Massachusetts), fonda la prima Clinica per la Riduzione dello Stress basata sulla coltivazione della Consapevolezza. Il programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) creato e messo a punto da Kabat-Zinn, attualmente ingloba pratiche quali: pratiche di consapevolezza nel mangiare:
- pratiche di consapevolezza in movimento;
- pratiche di consapevolezza sul respiro, sensazioni, emozioni, pensieri;
- pratiche di consapevolezza nel camminare.
All’interno de protocollo sono presenti momenti di condivisione di gruppo sul vissuto dei partecipanti riguardo agli esercizi proposti; con riflessioni su alcuni temi quali l’attenzione non giudicante, la mente del principiante (o di “colui che non sa”), il lasciar andare e il lasciar essere, la fiducia in sé; con dispense ed approfondimenti su argomenti più scientifici quali ad esempio lo stress e l’attenzione. Dai primi anni ’80, l’equipe di Kabat-Zinn, inizia a sviluppare i primi lavori di ricerca, inizialmente sulle applicazioni del protocollo a pazienti affetti da dolore cronico, ampliando poi l’indagine ad altre categorie: psicosomatica e psicologia. Nel 1990 Kabat-Zinn pubblica il suo primo libro divenuto molto famoso: “Vivere momento per momento” sul protocollo MBSR. Pochi anni dopo, il giornalista Bill Moyers parla dell’MBSR nella sua serie televisiva “Healing and the Mind”, (che in quel periodo andava in onda su tutto il territorio nazionale). Questo contribuisce a dare visibilità al protocollo che nel frattempo, grazie a studi e ricerche pubblicati con rigore scientifico ma soprattutto grazie alle testimonianze ed al passaparola di chi aveva beneficiato del corso, allarga a macchia d’olio la sua diffusione (alla fine degli anni 90 sono già più di 400 i centri ospedalieri che offrono l’MBSR) tanto che il mondo scientifico, anche europeo, (soprattutto nell’ambito della psicoterapia) inizia ad interessarsi al fenomeno, pensando di applicare il programma a specifiche problematiche psicologiche.
Questa sarà poi la base di molte collaborazioni e scambi col Centro dell’Università di Boston, che darà poi vita, in seguito, al protocollo MBCT, di matrice più psicologica. L’interesse scientifico e applicativo per questa modalità di “funzionamento mentale” quale è la Mindfulness e le sue applicazioni, diviene così sempre più vasto e largamente interdisciplinare.
Le discipline attualmente coinvolte , nello studio e nelle potenziali applicazioni di questo protocollo sono, oltre la psicologia, le neuroscienze (studio delle basi neurali e degli effetti di training sostenuti di Mindfulness), la medicina (applicazioni per la riduzione dello stress sia nei pazienti che negli staff medici), le scienze dell’ educazione (applicazioni nelle scuole con alunni – dalle elementari agli studenti universitari – e con gli insegnanti), le scienze sociali applicate (applicazioni in carceri e comunità socio-economicamente a rischio), organizzative (aziende e realtà professionali) ed altri.
Il modo di essere, incentrato sulla Mindfulness, può offrire un luogo di sicurezza e pace, ”una base sicura” – che è innata nella nostra naturale costituzione.
“E’ stupefacente quanto sia liberatorio l’essere capaci di vedere che i tuoi pensieri sono solo pensieri e che non sono “te stesso” o “la realtà”…il semplice atto di riconoscere i tuoi pensieri come pensieri, può renderti libero dalla realtà distorta che essi spesso creano e genera un maggior senso di chiarezza e di padronanza sulla tua vita” (Kabat-Zinn)
Non è facile rendere a parole ciò che si riferisce innanzitutto ad un’esperienza vissuta, a uno stato mentale, ad uno stato di coscienza. Proprio per tale motivo, cioè per favorire una comprensione diretta attraverso l’esperienza, spesso si sceglie di non tradurre il termine inglese. Le traduzioni più immediate, ossia “consapevolezza, attenzione, attenzione sollecita, presenza mentale, piena presenza”, rischiano infatti di dare il via ad una serie di associazioni semantiche svianti e non esaustive. Tuttavia, qui di seguito si riportano alcune tra le definizioni più utilizzate, utili alla comprensione del suo significato:
… consapevolezza che emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell’esperienza momento per momento:
a) con intenzione
b) nel presente
c) in modo non giudicante (Jon Kabat-Zinn)
…”attentional control” (Teasdale, Segal, Williams) …”osservazione non giudicante dell’incessante flusso degli stimoli interni ed esterni, così come arrivano” (Baer)
…una sorta di attenzione saggia, nuda ed equanime, una presenza mentale che osserva il continuo e mutevole flusso di sensazioni, emozioni, pensieri nel qui ed ora, distinta quindi dall’attenzione funzionale, cioè finalizzata ad uno scopo (condizionata da ciò che è utile e da ciò che non è utile)
… una modalità di coscienza che si può coltivare e stabilizzare in maniera sistematica, tramite la pratica meditativa
… una “modalità dell’ essere”, non orientata a scopi, il cui focus è il permettere al presente di essere com’è e di permettere a noi di essere, semplicemente, in questo presente (Teasdale)
…autoregolazione dell’attenzione (intenzionalmente e con amorevolezza verso se stessi) e orientamento verso l’esperienza (con curiosità, con l’atteggiamento mentale del fanciullo) (Bishop).
Nell’ottica di inquadrare concettualmente il fenomeno e sfatare alcuni possibili fraintendimenti, può essere utile dire cosa la Mindfulness non è:
- una fuga dalla realtà: è piuttosto essere profondamente radicati nella realtà
- una forma di trance: la mente mindful è caratterizzata da lucidità e chiarezza
- una condizione “mistica”: viene superata la divisione corpo e mente
- una modalità di rilassamento: anzi la mente mindful è in grado di “contenere” tensione, stress e sofferenza.
La meditazione Mindfulness, si rifà alla pratica meditativa Vipassana, la più antica tra le pratiche buddhiste, e si colloca nella tradizione Theravada, nata nell’Asia meridionale, sud-orientale.
Il significato della parola vipassana è chiara visione e significa dunque vedere in profondità, la meditazione di consapevolezza si riferisce quindi alla possibilità di acquisire una conoscenza che ha la qualità del vedere, un atto di percezione non mediato dai pensieri della mente, capace di generare nel tempo una comprensione intuitiva, profonda, e non concettuale, di ciò che accade, nel momento in cui accade.
La prima indicazione è che la coltivazione di uno stato mentale di consapevolezza ci aiuta nel contenere e sciogliere la sofferenza, ci viene dalle scritture buddhiste.
Nei suoi insegnamenti il Buddha si è molto più occupato di esplorare la dimensione mentale e sensoriale dell’uomo, rivelandosi un acuto e raffinato studioso dei molteplici stati di coscienza, piuttosto che della dimensione dell’anima e della sua relazione con una qualche entità sovrannaturale.
Quando nel buddismo si parla di liberazione (nirvana), si intende liberazione dalla sofferenza (dukka).
Si dice che qualche settimana dopo aver ottenuto l’illuminazione che fece del principe Siddartha il “Risvegliato”, egli abbia iniziato il suo cammino di insegnamento esponendo nel suo discorso “Dhammacakkapavattanasutta”
- Il discorso della messa in moto della ruota del Dhamma
- le “Quattro Nobili Verità” sulla sofferenza ai suoi cinque antichi discepoli.
La prima Nobile Verità sulla sofferenza ci dice che la sofferenza è connaturata all’esistenza umana: “la nascita è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza, l’unione con ciò che non è caro è sofferenza, la separazione da ciò che è caro è sofferenza, il non ottenere ciò che si desidera è sofferenza.” In un altro discorso il Buddha precisa ancor di più “la pena, il lamento, l’angoscia e la mancanza di serenità sono sofferenza…”
La seconda Nobile Verità ci dice che la sofferenza ha una origine: “l’origine della sofferenza s’identifica con la brama …. e trova appagamento ora qua ora là. Esiste la brama per l’oggetto dei sensi, la brama per l’esistenza e la brama per la non esistenza.
La terza Nobile Verità ci dice che poiché la sofferenza ha una origine può avere anche una cessazione: “la cessazione del dolore è l’estinzione, il completo svanimento, l’abbandono, il rifiuto di questa brama …”.
La quarta Nobile Verità è la descrizione del “sentiero” che conduce alla cessazione della sofferenza: chiamato anche Nobile Ottuplice Sentiero: “retta visione, retta risoluzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di vita, retto sforzo, retta consapevolezza, retta concentrazione”.
E’ interessante notare che per “sofferenza” sembrano intendersi non solo i grandi dolori della vita, ma anche le piccole contrarietà, le insoddisfazioni che riempiono spesso le nostre giornate. Quella appunto “mancanza di serenità” tipica di quel disagio esistenziale che connota la condizione umana.
Ora le quattro nobili verità ci dicono che questo “disagio” non è assolutamente, pur essendo così connaturato alla nostra condizione, scontato e ci indicano anche il percorso per stabilizzarci in uno stato di “gioia e letizia … calma e consapevolezza”
Secondo la psicologia buddista le tre cause fondamentali della sofferenza umana sono dunque:
a) l’attaccamento – la separazione da ciò che è caro, è sofferenza – che può esprimersi come dipendenza (da persone, sostanze o oggetti esterni come anche dall’essere sedotti da se stessi dalle proprie idee, fantasie, desideri), paura di abbandono, avarizia ecc.(contrapposto a equanimità, generosità o rinuncia);
b) l’avversione – l’unione con ciò che non è caro è sofferenza – : rabbia, criticismo, giudizio negativo, controllo dell’altro (contrapposta alla benevolenza, compassione, accettazione);
c) visione errata, distorsione o ignoranza della realtà, distacco affettivo ed emotivo, negazione, intellettualizzazione, dissociazione (contrapposta a saggezza).
La cessazione della sofferenza deriva dal conseguimento, attraverso pratiche etiche e meditative, di quella saggezza che risveglia dall’ignoranza, da cui discendono appunto attaccamento e avversione, con il conseguente abbandono di queste due usuali automatiche modalità della mente di essere in relazione con gli oggetti sensoriali (compresi gli stessi oggetti mentali).
Tre appaiono i punti fondamentali del sentiero buddista verso la liberazione:
la pratica di Sila, virtù o purezza morale che purifica la mente; Samadhi, la concentrazione meditativa, che calma e unifica la mente e Satisampajanna, attenzione che porta a chiara comprensione e che libera la mente dall’ignoranza.
L’esperienza mentale a cui facciamo oggi riferimento nei protocolli Mindfulness Based si riferisce proprio alla « retta consapevolezza », questa attenzione che porta a chiara comprensione, dell’Ottuplice Sentiero buddista e alla sua coltivazione e sviluppo che si fonda, come già detto, su pratiche che provengono dalla tradizione buddista Theravada, da 2500 anni.
Meditazione dunque come pratica di autoconoscenza, i suoi presupposti prevedono un’investigazione continua della realtà interiore ed esteriore per arrivare ad eliminare la sofferenza attraverso un cammino di liberazione.
Sul piano fisico la pratica di Mindfulness rafforza il funzionamento generale del corpo: la sua capacità di guarigione, le risposte immunitarie, la reattività allo stress. In particolare:
- nel dolore cronico
– riduce significativamente (del 40-50%) a livello del talamo e della corteccia prefrontale la risposta evocata dall’attivazione periferica delle vie dolorifiche.
– interferisce sulla trasmissione dell’impulso nocicettivo, e, provocando un aumento dei livelli di endorfine circolanti, agisce controllando la componente emotiva associata alla sensazione dolorosa.
– aiuta ad accogliere il dolore come un segnale separato dal suo contenuto affettivo attraverso la pura osservazione, della sensazione dolorosa periferica (sede, densità, colore, temperatura, oscillazione nel tempo) distinta dalle componenti emotive associate (impazienza, paura, rabbia, tristezza)
- nelle malattie cardiovascolari permette di ottenere una riduzione significativa della pressione arteriosa, della resistenza all’insulina e delle aritmie cardiache
- nei pazienti con patologie oncologiche è indicata come intervento complementare di self-care clinicamente importante, con significativi effetti sia sul piano psicologico (riduzione delle risposte ansioso, depressive) che fisico (modificazione del livello di cortisolo, efficace risposta immunitaria, migliore risposta alle terapie chemioterapiche e radiologiche con una considerevole diminuzione degli effetti collaterali, et.al.)
- aiuta, in modo significativo, a sostenere l’impatto di malattie croniche o degenerative, (AIDS, distrofia muscolare, cardiopatie, ictus, disturbi respiratori, diabete, acufene, ecc.) attraverso la coltivazione dell’accettazione, di una maggiore flessibilità cognitiva, una apertura emotivo/affettiva, una più realistica ed efficace rappresentazione di sé; inoltre privando la malattia di una automatica reazione psicologica iatrogena, sostituita da una maggiore consapevole cura di sé, ne migliora e rallenta i sintomi disfunzionali.
- permette di liberarsi dalla dipendenza da sostanze: fumo, alcool e droghe
- migliora la qualità del sonno
- produce miglioramenti nel mal di testa cronico
- aiuta a rallentare il decadimento cognitivo, (perdita della memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione, piccoli stati confusionali), provocato dall’invecchiamento, e migliora la qualità della vita nella terza età.
Sul piano professionale lapratica di Mindfulness:
- sviluppa una consapevolezza che implica una maggiore presa di coscienza di sé e dei meccanismi di risposta automatici ;
- migliora la gestione dei propri stati mentali ed emotivi con evidenti conseguenze nella qualità del lavoro svolto e nella comunicazione con altri;
- sviluppa un allenamento mentale per poter dirigere e mantenere concentrazione, ricettività e vigilanza anche in condizioni di carichi di lavoro imponenti, superlavoro e stress.
- sviluppa la disponibilità ad aprirsi verso l’altro riducendo l’attitudine al giudizio/pregiudizio, permettendo di esplorare modalità comunicative di base più orientate verso la gentilezza, la continenza verbale, un maggiore rispetto e pazienza;
- aumenta la possibilità di comprensione degli altri e delle loro problematiche poiché stimola e migliora l’ innata capacità empatica: di “comprendere” cioè lo stato emotivo di un’altra persona;
- aumenta la capacità di stabilire dinamiche interpersonali sane ed efficaci per un buon team building;
- mantiene una visione d’insieme ai processi interni sia propri che dell’altro
- agevola la leadership permettendo al manager di svolgere il ruolo di capo con assertività ed umanità al contempo.
- crea le condizioni per accedere ad uno spazio interiore scevro da condizionamenti, dove è possibile incontrare l’esperienza nella sua realtà e globalità;
- favorisce, attraverso un allenamento sistematico sul non concettuale e non cognitivo, un migliore equilibrio tra le facoltà razionali ed intuitive della mente;
- aumenta le capacità di problem solving e di gestione del “not knowing” per affrontare le difficoltà che si incontrano sul percorso;
- aumenta la possibilità di portare contributi illuminanti e idee creative; di uscire dagli schemi abituali e dai condizionamenti; di agire con maggiore competenza ed etica ; di gestire situazioni complesse che richiedono lucidità e calma interiore; di saper riconoscere e contenere i livelli di stress.
Sul piano psichico la pratica di Mindfulness :
- aiuta a riconoscere le emozioni, a “sentirle” e localizzarle nel corpo”;
- migliora la capacità di regolare stati emotivi disturbanti senza mettere in atto fughe difensive o strategie disfunzionali e dannose;
- permette un maggiore equilibrio emozionale (nel non lasciarsi trascinare dalle emozioni ma poterle “incontrare “ e gestire);
- permette un decremento nella proliferazione delle emozioni negative: le stesse, quando emergono, vengono percepite come meno dolorose ed invasive;
- aumenta la capacità di mantenere il focus sul presente, senza giudizio e con accettazione verso le emozioni e i pensieri che sorgono nello stato mentale;
- si è dimostrata significativamente utile nella gestione di molti stati psicopatologici: disturbi alimentari, disturbi d’ansia, attacchi di panico, ricadute depressive;
- aiuta a sviluppare ed amplificare le emozioni positive.
Infine sul piano comportamentale/relazionale la pratica di Mindfulness:
- permette di aprirsi a tutte le situazioni (piacevoli e spiacevoli) e questo alimenta curiosità, fiducia e disponibilità ricettiva ad esse;
- aumenta l’apertura mentale priva di pregiudizio alle innovazioni, sviluppa quindi una mente non giudicante che permette di incontrare l’esperienza così come è e valutarla senza etichette stereotipate o luoghi comuni;
- stimola ad una maggiore attenzione alla “qualità” nella relazione: contenuti, toni emotivi e tempi della comunicazione diventano congrui e finalizzati al “prendersi cura”, al “rispetto” e a trarre dalla relazione con l’altro beneficio e senso di benessere;
- sviluppa una rinnovata capacità di ascolto, ( profondità, ricettività, apertura); una diminuzione dei pre-giudizi durante l’incontro,(nel vedere l’altro per quello che è); una maggiore disponibilità verso gli altri in genere; una migliore modalità di comunicazione; una maggiore sensazione di connessione con l’altro;
- permette un maggiore accesso alle possibili risorse interiori ed alle proprie qualità personali, grazie ad un training sostenuto che coltiva la capacità di entrare in contatto con se stessi a tutti i livelli: sensoriale, mentale, emozionale.
- MBSR Standard: 8 incontri di 1h e mezza, con cadenza settimanale per un totale di 8 settimane, più un intensivo tra il 6°e il 7°incontro.